L'evoluzione della condizione femminile in Giappone

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L’EVOLUZIONE DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN GIAPPONE

Introduzione

La donna giapponese in epoche antiche aveva un ruolo centrale, occupava anche posti di potere di estrema importanza (vennero elette ben sette donne imperatrici). Anche nei racconti mitici viene messa in rilievo l’importanza delle donne: basti pensare alla divina Amaterasu, dea del sole da cui scaturisce secondo la tradizione l’intera dinastia regnante. Gradualmente questo suo ruolo primario verrà completamente ridimensionato, la donna diventerà completamente subordinata all’uomo, soprattutto a causa della fortissima influenza del confucianesimo, il cui pensiero tradizionale è ancora presente e fa da substrato nella mentalità dei giapponesi di oggi. Il confucianesimo disprezzava infatti le donne, considerate esseri inferiori con l’unico compito di badare alla famiglia, fare ed educare i figli, essere rispettosa verso il marito.  Al di là della facciata di modernità e emancipazione, le donne giapponesi oggi sono ancora ben lontane dal raggiungimento della parità con gli uomini. La maggior parte di loro lavora ma ancora non in maniera continuativa e molto difficilmente riescono a raggiungere alti livelli dirigenziali. La donna il più delle volte risente ancora della pressione sociale e della mentalità tradizionale che la vuole brava moglie e madre, dedita alla cura della casa e della famiglia, sottoposta a pressioni sociali, pena il disonore, quali l’obbligo di sposarsi presto (tuttora spesso attraverso un matrimonio combinato dai genitori) e la rinuncia  alla propria carriera lavorativa per occuparsi di casa e famiglia. Nonostante i molti passi avanti percorsi dalle donne giapponesi per allontanarsi dallo stereotipo della geisha - bellezza di porcellana da rinchiudere in casa, il cammino verso l’emancipazione è ancora lungo.

Con questa bibliografia commentata di testi selezionati presenti (e non) nella biblioteca Amilcar Cabral,  partendo dalle origini fino ai tempi moderni, possiamo dunque avere un quadro completo dei vari stadi della condizione femminile giapponese dai tempi mitici e più remoti fino al giorno d’oggi.

BIBLIOGRAFIA

LIBRI PRESENTI NELLA BIBLIOTECA “AMILCAR CABRAL”

Condizione della donna dal passato all’età moderna

- Lorenzo Isgrò, Il Giappone: fattori e limiti di un mito, Il Punto edizioni, 1993
    (Capitolo 7: La componente femminile)
    COLLOCAZIONE VIII F.4 ISGR
In questo capitolo l’autore traccia una breve storia della condizione della donna, facendo partire la sua analisi dal mito: la componente femminile nella mitologia Giapponese infatti è sempre stata molto presente. Basti pensare,come accennato nell’introduzione, che l’origine divina della dinastia imperiale è attribuita a una divinità femminile, la Dea del Sole Amaterasu Omikami. Secondo la leggenda prima del periodo medievale, tra VI e VIII secolo, sul trono del Giappone salirono sette donne imperatrici. La discriminazione verso le donne nei periodi successivi sarà invece molto severa, trovando giustificazione anche nelle idee diffuse da Confucio. Un miglioramento avverrà nell’ultimo dopoguerra, con nuove legge a tutela delle donne. L’autore infine evidenzia come negli ultimi anni l’occupazione femminile è cresciuta notevolmente, ma rimane il problema della precarietà delle condizioni della donna sul lavoro: dalla retribuzione inferiore ai limiti imposti alla carriera.

- Roger J. Davies e Osamu Ikeno, La mente giapponese, Meltemi editore, 2007
  (Capitolo “Danjo kankei – I rapporti tra uomini e donne in Giappone”)
  COLLOCAZIONE: VIII.4 F MENT
Il capitolo traccia il percorso dell’evoluzione nel rapporto tra uomini e donne nel corso della storia. Parte dai tempi antichi in cui il Giappone era caratterizzato da una società matrilineare, con relazioni paritarie tra i sessi, e presenza di molte leader donne, fino ad arrivare all’età moderna. La situazione favorevole per la donna giapponese dell’antichità verrà completamente ribaltata nel periodo Heian e medievale, che vede la sua subordinazione economica, sociale e politica agli uomini e nel periodo Edo, dove, con l’adozione come filosofia ufficiale dello shogunato Tokugawa del Confucianesimo, la donna doveva rispettare le “tre obbedienze”: al padre, al fratello e al marito (o ai figli maschi se rimasta vedova.) .
Dei miglioramenti riguardo all’emancipazione femminile avvengono in epoca moderna, nel periodo Meiji, quando il Giappone tenta di assorbire le idee occidentali. Dopo la II guerra mondiale, con l’adozione della nuova costituzione su modello occidentale, vengono garantiti (almeno per iscritto) eguali diritti a tutti i cittadini senza tenere conto del sesso. La legge sulle pari opportunità per abolire la discriminazione lavorativa contro le donne verrà emanata solo nel 1986, ma la posizione delle donne giapponesi nella società è ancora piuttosto subordinata. L’autore ci mostra come la subordinazione femminile si rispecchi ad esempio nello stesso linguaggio giapponese: i mariti per indicare la moglie usano il termine “Kanai”, che significa “dentro la casa”.Gi autori affrontano poi il tema dei matrimoni combinati, e delle nuove figure delle donne costrette a rimanere nubili per poter continuare una propria carriera lavorativa: se la donna prende congedo da lavoro per maternità, molto difficilmente potrà riottenere la sua posizione lavorativa . Riflettono infine su come ci siano comunque stati dei cambiamenti generati da un mutamento di coscienza nei rapporti uomo - donna, ma le idee convenzionali esistono e continuano a rimanere profondamente radicate nell’animo dei giapponesi.

- Mikiso Hane, Peasants, Rebels, Women and Outcastes : the Underside of Modern Japan, second edition, Rowman & Littlefield Publishers Inc. , 2003
  (Capitoli: “Rural Women”, “Women Rebels”)
   COLLOCAZIONE VIII F4 HANE
Nel capitolo “Rural Women” l’autore analizza la condizione delle donne rurali giapponesi. Nel periodo feudale c’era più uguaglianza tra marito e moglie nel popolo rispetto alla classe guerriera. La donna del popolo infatti lavorava tanto quanto il marito, e l’autorità in famiglia era divisa tra i due. La funzione delle donne di campagna era ben stabilita dalla tradizione: lavorare nei campi tanto duramente quanto gli uomini, mantenere la casa, e produrre bambini (almeno cinque!). A volte le giovani ragazze di campagna venivano vendute ai bordelli, soprattutto nei periodi di carestia dove le prostitute erano considerate meno di esseri umani.
Il capitolo “Women Rebels” tratta i primi movimenti di emancipazione femminile a fine ‘800- inizio ‘900, quando le donne cominciano ad approfondire l’analisi della loro individualità e sessualità soprattutto attraverso la rivista femminista Seitō), ponendo il problema della necessità di politiche sociali che permettessero alle donne di mantenere la propria libertà. Alcune di queste femministe, socialiste e anarchiche pagarono con le loro vite il loro attivismo: Kanno Suga, Kaneko Fumiko e Itō Noe, di cui l’autore ci fornisce una breve biografia.

- Christian Henriot, La Femme en Asie Orientale: Politique Société Littérature, Université Jean Moulin Lyon III, Centre Rhonalpin de Recherche sur l’Extreme-Orient contemporain, 1988
   COLLOCAZIONE: VIII F FEMM
In questo volume viene delineata la figura della donna in Asia Orientale. Diversi capitoli si soffermano in particolare sulle donne giapponesi in epoca moderna. L’occidente ha della donna giapponese un’immagine idealizzata che ancora resiste, donna passiva o sottomessa, donna oggetto o donna - bambola di porcellana. Il libro ci racconta invece di donne che hanno saputo scrollarsi di dosso questi pregiudizi e tentare di cambiare concretamente la loro condizione. All’inizio del secolo scorso esistevano gruppi e organizzazioni di donne che lottavano per la loro liberazione dall’oppressione del sistema familiare tradizionale, per il loro accesso all’educazione e per l’ottenimento di diritti politici e legati al miglioramento delle loro condizioni lavorative. Le prime a porre queste tematiche all’attenzione pubblica sono un gruppo di giornaliste e scrittrici femministe che si costituisce attorno alla rivista Seitō, fondata nel 1911. Nella rivista si discutevano temi come l’assoggettamento della donna nella famiglia, maternità, aborto, poligamia maschile e prostituzione. Nel 1931 con la guerra contro la Cina il governo accentua la discriminazione della donna all’interno della famiglia; diventa sempre più difficile per le donne rivendicare i propri diritti, tanto che nel 1940 i principali gruppi e movimenti femministi vengono sciolti.  La situazione migliorerà nel dopo guerra quando verranno emanate delle riforme fondamentali per cambiare l’ordine sociale tradizionale. Con la nuova costituzione del 1947, viene garantita l’uguaglianza tra i sessi, nella società e in famiglia, il diritto di accedere alla stessa educazione degli uomini, con pari salario e lavoro, il diritto di voto e di essere elette.

- Ivan Morris, Il mondo del principe splendente, Adelphi Edizioni, 1984
  (Capitolo 8: Le donne Heian e i loro rapporti con gli uomini)
  COLLOCAZIONE VIII N.B.4.MORR
Questo capitolo del testo analizza la particolare situazione delle donne di corte del periodo Heian: quest’era infatti è caratterizzata dal monopolio femminile nella letteratura, sia in prosa che in poesia. Un fenomeno sicuramente raro, anche perché a quel tempo le donne erano ritenute molto inferiori all’uomo. Erano infatti escluse dagli incarichi pubblici, avevano dunque molto tempo libero a disposizione che potevano dedicare a vari passatempi, tra cui la scrittura. Le conoscenze che abbiamo delle donne del periodo Heian si basano proprio su questi loro scritti (sono quindi limitate alle donne delle classi elevate). Il libro più famoso del Giappone è stato scritto proprio in questo periodo da una donna: il “Genji Monogatari”, della dama di corte Murasaki Shikibu. Questo libro ci descrive come tra le classi più ricche era largamente diffusa la poligamia, ci narra la sofferenza delle donne costrette a dividersi uno stesso marito, la loro subordinazione all’uomo, il naturale desiderio del possesso esclusivo di un marito o amante, la gelosia, l’insicurezza di questo sistema poligamico che “creava nella donna una tensione psichica che sbocciava nell’isterismo o nella follia”, come avviene a diversi personaggi del Genji Monogatari. Queste donne Heian altolocate  conducevano un’esistenza immobile e segregata: passavano le giornate tra le mura domestiche, generalmente al buio dietro tende e paraventi che le tenessero lontane da sguardi degli estranei, quando uscivano erano nascoste dalle pareti dei carri. Comunicavano con gli altri attraverso lettere o intermediari; i rapporti tra i sessi seguivano regole molto precise. Le funzioni e doveri fondamentali della moglie principale erano indicati anch’essi precisamente nei testi confuciani: doveva essere obbediente e fedele, rispettare il marito e la famiglia, generare un maschio per assicurare la continuità familiare e la perpetuazione del culto degli antenati.


Donne moderne

- Renata Pisu, Alle radici del Sole, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 2000
  (parte seconda, capitolo “La tribù delle donne”)
  COLLOCAZIONE: VIII F.A.4 PISU
La seconda parte di questo testo tratta la condizione attuale delle donne giapponesi, come le OL, le Office Ladies, il nuovo prototipo/stereotipo della donna moderna impiegata giapponese “emancipata”. Queste impiegate vengono anche chiamate i “Fiori d’ufficio”, esiste per loro anche un manuale delle buone maniere: come devono servire il tè, chiedere scusa e ringraziare, come inchinarsi (anche quando si saluta qualcuno al telefono). “Anche se munite dei migliori titoli accademici, il primo lavoro che fanno una volta impiegate è servire il tè ai maschi dell’ufficio”. L’autrice ci dice inoltre che, pur emancipate e moderne, il 50% delle donne giapponesi accetta ancora l’usanza del matrimonio combinato. Ci parla inoltre di una preoccupante usanza diffusa tra le giovani sotto i 18 anni: prostituirsi per avere i soldi necessari per lo shopping e per comprare gadget e vestiti firmati. Le donne di solito dopo essersi sposate ed essere rimaste incinte chiedono le dimissioni, e rientrano al lavoro in attività parziale intorno alla mezza età, quando i figli ormai sono cresciuti. Ci ricorda infine la celebre (e infelice) dichiarazione pubblica del 1990 del Ministro delle Finanze Ryutaro Hashimoto per cui le donne dovrebbero smetterla di andare all’università, per stare invece a casa a fare figli.

-  Raphaëlle Choël e Julie Rovéro-Carrez, Tokyo sisters : Reportage dall’universo femminile giapponese, O barra O edizioni, 2011
   COLLOCAZIONE: VIII.4 F CHOE
“Tokyo Sisters” è il divertente reportage di due giornaliste francesi realizzato dopo aver effettuato delle interviste a varie donne giapponesi nel 2009. Ci parlano dei fenomeni giovanili esplosi nel quartiere Harajuku come la moda dei travestimenti Cosplay, le Gal (delle fashion addicts: ossessionate dalla moda e dall’essere curate e impeccabili, pronte a tutto per acquistare articoli di lusso), le Shibuyette (le ragazze di Shibuya, si tingono capelli di biondo, labbra bianche, lenti a contatto colorate e viso abbronzatissimo). Ci raccontano però anche delle OL, le Office Lady, generalmente donne non sposate che lavorano come impiegate. Una delle ragazze intervistate dice che “fino a poco tempo fa, una ragazza accedeva solo a posti di segretaria, doveva servire il tè e fare le fotocopie”. Solo di recente le donne hanno avuto accesso allo Sogoshoku (la “carriera globale”, con prospettive di promozione) allo stesso titolo degli uomini. Le autrici ci forniscono anche alcuni dati statistici esemplificativi della condizione lavorativa femminile: nel 2005 solo il 48% delle donne lavorava;  in termini di salario lo scarto tra uomini e donne è tra il 30 e 50%. Inoltre il 70% delle donne giapponesi una volta diventate madri smettono di lavorare. Basti pensare alla celebre frase del ministro della Sanità del Lavoro e del Benessere Hakuo Yanagisawa: “le donne sono macchine per fare figli”.

-  Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio Editori,   2009
   (Capitolo “La letteratura femminile del dopoguerra”)
    COLLOCAZIONE: VIII.4 M BIEN
Il termine “Joryū”, “stile femminile”, viene utilizzato per catalogare tutte le opere scritte da donne, un insieme di testi letterari etichettato come Joryūbungaku, caratterizzati da attenzione ai dettagli della vita quotidiana e lirismo. Le donne hanno avuto un ruolo centrale nella storia della letteratura giapponese: l’epoca Heian fu la loro età d’oro. La maggior parte dei grandi testi letterari dell’età classica venne scritta infatti da donne. Dopo questo periodo di splendore, ci sarà un ritorno di un ruolo centrale della donna in letteratura tra fine XIX secolo e inizio XX secolo. In questo periodo la donna doveva conformarsi al modello di “buona moglie, madre saggia”, veniva esortata dalla propaganda del governo ad occuparsi della crescita della nazione attraverso il lavoro, la cura di anziani e ammalati, l’educazione dei figli, attività filantropiche e patriottiche. In questo contesto le donne, per lo più di estrazione sociale più elevata, ricominciarono a scrivere. Molte incentravano le loro opere sul rapporto di coppia e sulla critica al sistema matrimoniale di tipo tradizionale, spesso scelsero la scrittura autobiografica come mezzo per affermare se stesse e la propria identità.

 - Fernando Mezzetti, Giapponesi giorno per giorno, edizioni Laterza  1992
   (Capitolo “Le donne, il meglio negato”)
   COLLOCAZIONE: VIII.F.4 MEZZ
L’autore inizia il capitolo definendo le donne “il meglio della società giapponese”. Sostiene infatti che esse sono più colte, più informate e più disponibili a relazionarsi con altre culture rispetto agli uomini, che invece, ossessionati dal lavoro, non hanno possibilità di interessarsi ad altro. Le donne invece, “il primo lavoro che fanno una volta impiegate è servire il tè ai maschi dell’ufficio. Quando si sposano, per una norma non scritta, quasi tutte lasciano il lavoro, riprendendo a part-time quando hanno passato la quarantina, dopo aver cresciuto i figli”. Le donne in pratica lasciano spontaneamente il loro posto di lavoro una volta rimaste incinte, per non “gravare” sull’impresa. Oltre che  nel campo lavorativo, la donna è pubblicamente subordinata al marito (gli deve sempre cedere il passo, e secondo l’etichetta deve camminare a tre passi di distanza). In ultimo, viene affrontato il tema dell’aborto: il Giappone è forse il paese più permissivo in questo senso, all’epoca (anni ‘90) era più semplice abortire (legalmente) che procurarsi la pillola contraccettiva.

-  Antonietta Pastore, Nel Giappone delle donne, Einaudi Tascabili, 2004
   COLLOCAZIONE: VIII F.A. 4 PAST
L’autrice ha vissuto in Giappone dal ‘77 al ‘93, in questi 16 anni ha potuto conoscere e raccogliere le testimonianze di molte differenti donne giapponesi moderne. Parte con un’introduzione sulla condizione della donna in tempi più antichi, quando in Giappone esistevano le donne – imperatrici; prosegue narrandoci l’evoluzione della considerazione delle donne nella storia dall’influenza del confucianesimo all’importanza delle donne - scrittrici a corte. Ci parla di una discriminazione secolare, ma anche di stimoli alla democrazia: nel 1980 il Giappone sottoscrive la Convenzione dell’Onu sull’eliminazione di ogni discriminazione contro le donne, nell’86 viene varata la Legge sulle pari opportunità di impiego: ma benchè protetta dalla legge, la donna di fatto è ancora in una posizione di costante inferiorità. Sia nei rapporti di lavoro che tra coniugi, non esiste parità. Dopo questa introduzione generale, l’autrice divide il libro in varie tematiche: matrimonio (ci parla dell’Omiai, la pratica dei matrimoni combinati), famiglia (la posizione della donna rispetto agli altri membri familiari), il femminismo, il divorzio, i giovani ( sta emergendo una nuova mentalità molto più emancipata rispetto alle precedenti generazioni), Mizu shōbai (il “commercio dell’acqua”, vale a dire il commercio dei locali dell’intrattenimento notturno giapponese, solitamente legato alla prostituzione), la donna e le arti tradizionali, e infine la donna nella terza età. Attraverso le varie donne che ha potuto conoscere e le diverse storie di vita che ha appreso da queste figure femminili, l’autrice ha saputo tracciare un’esaustiva immagine della donna giapponese.

- Yayori Matsui, Women’s Asia, Zed Books Ltd, 1989
   COLLOCAZIONE: VIII F. MATS
L’autrice è una giornalista femminista, affronta i temi del sessismo e della discriminazione contro le donne in Asia. Esamina le relazioni tra il Giappone e altri paesi asiatici dal punto di vista delle donne, focalizzandosi su temi come il turismo sessuale e lo sfruttamento delle donne per manodopera a basso costo. Afferma che in Giappone il salario delle donne è in genere la metà di quello dei lavoratori uomini. Un capitolo è dedicato alla questione femminile nel buddhismo: è stata la prima religione al mondo a consentire a una comunità di donne di prendere gli ordini monastici, sulla base del fatto che queste potessero giungere, esattamente come gli uomini, alla salvezza. Il Buddha Śākyamuni ha infatti sempre sottolineato che la pratica buddhista è accessibile a chiunque senza discriminazioni di genere o cultura: tutti hanno le stesse identiche opportunità di raggiungere l’illuminazione. Inizialmente le monache buddhiste erano dunque trattate allo stesso livello dei monaci; con la morte del Buddha però e sotto l’influenza della cultura Hindu divennero più delle serve nei templi che monache (bisogna sottolineare che nei testi buddhisti la donna talvolta è anche vista come un ostacolo all’illuminazione). La giornalista passa infine ad analizzare la concezione confuciana delle donne: il confucianesimo è un sistema etico che opprime e disprezza le donne, una concezione esemplificata nella regola delle tre obbedienze spettanti alle donne (al padre, al marito e al figlio).  

- Ruth Benedict, Il crisantemo e la spada : modelli di cultura giapponese, Editori Laterza, 2009
  COLLOCAZIONE: VIII.4 F BENE
L’antropologa Ruth Benedict venne incaricata nel 1944 dal governo americano di fare un’analisi culturale del popolo giapponese, in modo da poter prevedere come si sarebbero comportati i “Japs” dopo la guerra, come avrebbero reagito alla sconfitta e al diverso ruolo dell’imperatore. Dai risultati di questa sua analisi nasce il libro “Il crisantemo e la spada”. Diverse parti del testo sono dedicate alla donna, alla sua condizione nella società, ai suoi rapporti con l’uomo. Ci dice che è considerata inferiore all’uomo, lo vediamo anche nell’istruzione femminile: alle donne si insegnavano principalmente le buone maniere e come muoversi, “non era prevista una seria preparazione intellettuale, pari a quella impartita ai ragazzi”. L’autrice sostiene che comunque rispetto agli altri paesi asiatici la donna giapponese a quei tempi godeva di maggiori libertà: ad esempio in Giappone, al contrario della Cina, non vi è mai stata la pratica dei piedi fasciati ed erano le donne a occuparsi e a gestire il denaro della famiglia. Ci parla dell’usanza dei matrimoni combinati: le ragazze dovevano sottomettersi alla decisione dei genitori e sposarsi alla cieca. Il loro rapporto era dunque improntato al più rigido formalismo. La fedeltà coniugale rientrava tra i doveri della sposa, ma lo stesso non si poteva dire del marito: spesso era la stessa moglie a pagare le spese del marito per una serata con l’amante. Solo diventando madre la donna poteva migliorare il proprio status sociale: una moglie senza figli aveva infatti una posizione molto precaria nella famiglia, ma poteva esercitare autorità diventando suocera.

- Sharon L. Sievers, Flowers in salt: the beginnings of feminist consciousness in modern Japan, Stanfor, Stanford University Press, 1983
  COLLOCAZIONE: VIII.4 F.A SIEV
“Le donne sono come fiori, hanno bisogno di ambienti ricchi per svilupparsi, non devono essere soffocate le loro voci, i fiori non possono crescere nel sale!”
Questo libro traccia lo sviluppo della coscienza femminista giapponese nel periodo Meiji (1868-1912), era un periodo dominato dal principio del Danson Johi (“rispetta il maschio, disprezza la femmina”). Con lo sviluppo dei movimenti popolari per i diritti e il sorgere dei primi partiti giapponesi, le donne inizieranno per la prima volta a parlare per se stesse, rivendicando ruoli pubblici e l’essere incluse nella lotta al cambiamento. Il testo ci descrive le vite di grandi figure del femminismo giapponese come Kishida Toshiko, Fukuda Hideko, Yajima Kajiko, Kanno Suga, Hiratsuka Raichō, Itō Noe e molte altre.    Ci parla dell’esperienza delle donne delle fabbriche tessili di Kōfu, che organizzarono i primi scioperi e boicottaggi del Giappone contro i loro bassi salari, le pessime condizioni lavorative e di sfruttamento, le molestie sessuali a cui erano soggette; delle donne della Tokyo Women’s Reform Society, le prime a esporsi pubblicamente contro il sistema del concubinaggio e della prostituzione; e ancora della rivista letteraria totalmente al femminile Seitō (The Bluestockings), che diventerà un veicolo sia per incoraggiare i talenti creativi delle donne che per chiederne la liberazione economica e politica dall’oppressione maschile. Ci racconta di una lunga lotta per l’emancipazione, fortemente contrastata dal governo giapponese (anche attraverso l’imprigionamento e la  condanna a morte di alcune attiviste); nel 1949 dopo 60 anni da quando per prima Kusunose Kita l’aveva chiesto, le donne giapponesi acquisiranno pieni diritti politici. Sarà infatti solo dopo la seconda guerra mondiale, con la nuova costituzione, che le donne otterranno le più importanti vittorie e protezioni dalla legge, che finalmente considererà e enfatizzerà la qualità e importanza dell’individuo, sancendo l’uguaglianza davanti alla legge e vietando le discriminazioni basate sul sesso.


LIBRI NON PRESENTI NELLA BIBLIOTECA “AMILCAR CABRAL”

- Sandra Buckley, Broken silence : voices of japanese feminism, Berkeley, University of California press, 1997.

- Vera Mackie, Feminism in modern Japan : citizenship, embodiment and sexuality, Cambridge, Cambridge University press, 2003

- Joyce Gelb, Gender policies in Japan and the United States : comparing womens movements, rights and politics, New York, Palgrave Macmillan, 2003

- Hiroko Tomida, Hiratsuka Raicho and early japanese feminism, Leiden, Brill, 2004

- Kumiko Fujimura-Fanselow e Atsuko Kameda, Japanese women : new feminist perspectives on the past, present, and future, New York, The Feminist, 1995

- Sumiko Iwao, The Japanese woman : traditional image and changing reality,  New York : Free Press ; Toronto : Maxwell Macmillan Canada ; New York : Maxwell Macmillan International, 1993

- Tachibanaki Toshiaki, The new paradox for Japanese women : greater choice, greater inequality, Tokyo, International house of Japan, 2010

- Masanori Nakamura, Technology change and female labour in Japan, Tokyo, United Nations University, 1994

- Anne E. Imamura, Urban Japanese housewives : at home and in the community,  Honolulu, University of Hawaii press, 1987

- Mary C. Brinton, Women and the Economic Miracle : Gender and Work in Postwar Japan,  Berkeley ; Los Angeles ; Oxford : University of California Press, 1993

- Liza Crihfield Dalby, traduzione di Alessandra Petrelli, La mia vita da geisha,  Milano, Sperling & Kupfer, 2001

- Silvia Cappozzo, rel. Gian Carlo Calza, Vita delle cortigiane a Yoshiwara dalle origini fino alla prima meta del 1800, Tesi datt. - Venezia, Universita degli studi, 2003/2004

- Gail Bernstein, Recreating Japanese Women, 1600-1945,  University of California Press, 1991

- Rosa Isabella Fùrnari, Jyose-e : le ragazze perdute del Sol levante,  Roma,  Armando, 2005

- Hiratsuka Raicho, In the Beginning, Woman Was the Sun: The Autobiography of a Japanese Feminist, Columbia University Press, 2006

- Makoto Ueda, The mother of dreams and other short stories : portrayals of women in modern Japanese fiction, Tokyo, 1989

- Chieko I. Mulhern, Japanese women writers : a bio-critical sourcebook,  Westport, Greenwood press, 1994

- Janet Hunter, Japanese women working,  London, New York, Routledge, 1993

- Carol Fairbanks, Japanese women fiction writers : their culture and society, 1890s to 1990s : English language sources,  Lanham, The Scarecrow Press, 2002

- Takie Sugiyama Lebra, Japanese women : constraint and fulfillment, Honolulu , University of Hawaii press, 1984

- Mary Ritter Beard, The Force of women in Japanese history, Washington, Public Affairs Pr., 1953

- Karen Kelski, Women on the Verge : Japanese women, western dreams,  Durham, Duke University Press, 2001

- Fusae Ichikawa e Yoko Nuita, Frontiers: A Journal of Women Studies, Vol. 3, No. 3 , pp. 58-62 , University of Nebraska Press, (Autumn, 1978) (http://www.jstor.org/stable/3346332)

-  Anne E. Imamura, Re-Imaging Japanese Women, University of California Press, 31/lug/1996

- Barbara Sato, The New Japanese Woman:Modernity, Media, and Women in Interwar Japan,  Duke University Press, 26/mar/2003

- Michiko Suzuki, Becoming Modern Women:Love and Female Identity in Prewar Japanese Literature and Culture, Stanford, Stanford University Press, 10/nov/2009

- Jan Bardsley, The bluestockings of Japan:new woman essays and fiction from Seitō, 1911-16, Center for Japanese Studies, The University of Michigan,2007

- Jennifer Ellen Robertson, Takarazuka: Sexual Politics and Popular Culture in Modern Japan, University of California Press, 1998

- Phyllis Birnbaum, Modern Girls, Shining Stars, the Skies of Tokyo:5 Japanese Women, Columbia University Press, 1999

- Veronica Chambers, Kickboxing Geishas: How Modern Japanese Women Are Changing Their Nation, Simon and Schuster, 2007

- Laura Miller, Jan Bardsley, Bad Girls of Japan, Palgrave Macmillan, 2005

- Kittredge Cherry, Womansword:What Japanese Words Say About Women,   Kodansha International, 2002

- Vera Mackie, Creating Socialist Women in Japan:  Gender, Labour and Activism, 1900-1937,   Cambridge, Cambridge University Press, 1997, Chapter 7: ‘Creating Socialist Women 1900–1937’, pp. 154–70 & Notes 220–21

-  Hélène Bowen Raddeker, Treacherous Women of Imperial Japan:  Patriarchal Fictions, Patricidal Fantasies, Routledge, London & New York, 1997

- Hélène Bowen Raddeker, Resistance to Difference:Sexual Equality and its Law-ful and Out-law (Anarchist) Advocates in Imperial Japan, Intersections (e-journal, Murdoch University, Western Australia), Issue 7 (March), pp. 1-11,  2002

 - Tsurumi, E. Patricia, Feminism and Anarchism in Japan: Takamure Itsue, 1894-1964, Bulletin of Concerned Asian Scholars, vol. 17, issue: 2 (1985).

- Graham Robert, Anarchism: A Documentary History of Libertarian Ideas - Volume One: From Anarchy to Anarchism (300CE-1939)  Black Rose Books (November 1, 2004)

- Helene Bowen Raddeker, Sceptical History: feminist and postmodern approaches in practice, Routledge, 2007

- Raichō Hiratsuka, In the Beginning, Woman Was the Sun: The Autobiography of a Japanese Feminist,  Columbia University Press, 2006

RISORSE ELETTRONICHE

Association For Women’s Rights In Development

AJWRC (Asia Japan Women's Resource Center)
Su questo sito sono disponibili moltissime pubblicazioni in formato PDF del Asia-Japan Women’s Resource Center. In particolare:

Herman W Smith ,Takako Nomi, Is Amae the Key to Understanding Japanese Culture?, in Electronic Journal of Sociology (2000)

Takashi Koyama, The Changing social position of women in Japan, Unesco, 1961

Pongsun Choi Allen, Changes in the status of japanese women, The Ohio Journal of Science 58(1): 39, january, 1958.

Media and the Creation of New Japanese Women and Narrating War, Imperialism and the Nation, in Intersections: Gender, History and Culture in the Asian Context, Issue 11, August 2005

L'eugenetica giapponese sconfitta dall'insorgenza degli handicappati, in  "Il Foglio" 11.3.2005

Catherine Makino, Giappone: diritti costituzionali delle donne in pericolo. I movimenti di donne giapponesi resistono, maggio 2005

Women’s Suffrage in Japan, Wikipedia, ed. inglese

World economic forum, The Global Gender Gap Report 2010

Francesca Romana Greco, La figura della geisha tra realtà e rappresentazione, in Trickster. Rivista del Master in studi interculturali dell'Università degli Studi di Padova, n. 3, 2012

Mire Koikari, Feminism and the Cold War in the U.S. Occupation of Japan, 1945 – 1952, in The Asia-Pacific Journal: Japan Focus


FILM

Diversi sono i registi che hanno dedicato un ruolo principale nei loro film alle donne, come Kenji Mizoguchi e Yasujiro Ozu. Qui di seguito solo alcuni titoli dei moltissimi film sulla condizione delle donne giapponesi.

Elegia di Osaka (1936) di Kenji Mizoguchi

Le sorelle di Gion (1936) di Kenji Mizoguchi

La vittoria delle donne (1946) di Kenji Mizoguchi

Nessun Rimpianto per la Nostra Giovinezza (1946) di Akira Kurosawa

Le donne della notte (1948) di Kenji Mizoguchi

Vita di O-Haru, donna galante (1952) di Kenji Mizoguchi

Tokyo Story (1953) Ozu Yasujiro

La donna crocifissa (1954) di Kenji Mizoguchi

24 occhi (1954) regia di Keisuke Kinoshita

La strada della vergogna (1956) di Kenji Mizoguchi

When a Woman Ascends the Stairs (1960) di Mikio Naruse

Cronache entomologiche del Giappone (1963) di Shōhei Imamura

La donna insetto (1963) di Shōhei Imamura

Doppio suicidio d'amore (1969) di Shinoda Masahiro

Sandakan 8 (1974) di Kei Kumai

Oh! The Nomugi Pass (1979) di Satsuo Yamamoto

The Makioka Sisters (1983) di Kon Ichikawa

The Family Game (1983) di Yoshimitsu Morita

La ballata di Narayama (1983) di Shōhei Imamura

Tampopo (1985) di Jûzô Itami

Una donna tassista  (1987) di Jûzô Itami

Eat The Kimono (1989) di Kim Longinotto

The Good Wife of Tokyo (1992) di Kim Longinotto e Claire Hunt

Dream Girls (1993)di Kim Longinotto e Jano Williams

Memorie di una geisha (2005) di Rob Marshall

Zero Focus (2010) di Inudo Isshi


A cura di Marina De Zan

Luglio 2012

segnalazioni