Princesa è una giovane nigeriana arrivata in Sardegna, vittima della tratta di esseri umani. Il suo volto è lo specchio di un mondo interiore dominato dalla paura, dal distacco dalla propria terra e dal tentativo di riscatto.
Da decenni esiste una rotta mediterranea di giovani donne destinate al mercato della prostituzione tra la Nigeria e le città italiane ed europee. Lo sfruttamento sessuale ha le sue origini nello Stato di Edo, a Benin City e nei villaggi vicini, in cui vengono reclutate per essere inserite in un circuito produttore di ricchezza e di corpi-moneta, fonte di entrate e rimesse per le famiglie di origine e per i trafficanti. Prima della partenza viene praticato un rituale tradizionale con cui si stabilisce il debito in denaro e si instaura un rapporto di dominio generato dal potere mistico della stregoneria africana. Il giuramento attraverso il rito juju è il principio di una persecuzione psicologica, un patto inviolabile che più di ogni coercizione fisica, esercita violenza simbolica sulle donne, tenendole imprigionate alla schiavitù sessuale. Una sorta di economia spirituale del debito, per cui ogni avvenimento, ogni morte, ogni manifestazione fisica fino alla follia, non è mai accidentale ma attesa, la conseguenza di una promessa non mantenuta. Un filmato realizzato durante un rito funebre nigeriano e la sequenza di un drama nollywoodiano custodiscono le tracce biografiche di Princesa.
La necessità espressiva di utilizzare diversi registri narrativi e un materiale stratificato come il repertorio dei filmati d’archivio, la caméra-stylo e il documentario di osservazione risponde al tentativo di creare un ibrido cinematografico che contenga gli elementi e le suggestioni raccolte intorno a un fenomeno complesso.