Organizzata dall'Indonesia di Sukarno la conferenza di Bandung vide la partecipazione di 29 paesi asiatici africani. Al centro degli incontri nella città indonesiana le questioni politiche della decolonizzazione in Asia e in Africa, ma anche il contenzioso tra Stati uniti e Repubblica popolare cinese, presente ai lavori con una delegazione guidata da Zhou Enlai. I lavori si conclusero con la condanna di tutte le forme di oppressione di tipo coloniale inclusa quella della supremazia sovietica in Europa orientale. I dieci punti della Dichiarazione finale, sulla pace e la cooperazione tra i popoli, ispirati dall'indiano Nehru, furono alla base del movimento dei paesi non alleati, che avrebbe visto la luce nel 1961. Nonostante la validità dei principi affermati nel 1955, solo dieci anni dopo Bandung non seppe riprodursi: ad impedire una sua riedizione le crisi politiche interne ai Paesi firmatari. Il colpo di stato militare in Algeria e la crisi indonesiana che segnò il tramonto politico di Sukarno furono le cause contingenti. A queste si aggiunse il tentativo di Cina e Urss di assumere l'egemonia dell'assise trasportando dentro il mondo afro-asiatico il dissidio fra i due regimi comunisti. Ma se la storia ha decretato il fallimento dei principi di Bandung, non si sono composte le contraddizioni che ne giustificarono la comparsa.
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